Cancro orale: le basi della prevenzione

Su scala mondiale i tumori del cavo orale, insieme a quelli della laringe e della faringe,rappresentano il 10% circa di tutte le neoplasie maligne negli uomini e il 4% nelle donne. Negli Stati Uniti si stimano 35mila nuove diagnosi di cancro orale ogni anno, in Europa nel 2004 si sono registrati 67mila nuovi casi e, in Italia, l’incidenza media è di 8,44 nuovi casi l’anno ogni 100mila individui maschi, che diventano 2,22 tra le donne.

Poi ci sono i numeri sulla mortalità. Secondo stime dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, nel 1998 i decessi per cancro orale sono stati 352mila. Dei 4500 casi diagnosticati ogni anno in Italia, 3000 portano alla morte del paziente, il che spiega bene l’incidenza di cui dicevamo. E quindi la domanda diventa: perché ciò accade? La risposta è duplice. Da un lato, questo tumore è caratterizzato da un alto indice di prognosi infausta (la sopravvivenza a 5 anni è inferiore al 50%); dall’altro, il tumore del cavo orale ancora oggi viene diagnosticato, troppo spesso, in stadio avanzato, cioè quando la massa tumorale ha raggiunto dimensioni e caratteristiche tali da richiedere interventi mutilanti e, spesso, non risolutivi.

Va evidenziato, infatti, che la sopravvivenza e la qualità della vita dei soggetti che si ammalano di cancro della bocca sono strettamente correlate allo stadio al momento della diagnosi.Ecco perché, come per la maggior parte dei tumori, è imperativo riuscire a fare una “diagnosi precoce”, ossia intercettare il tumore in fase iniziale, quando l’intervento chirurgico è risolutivo e non comporta menomazioni di tipo funzionale o estetico.

Tuttavia, ancora oggi le statistiche ci forniscono numeri elevati di tumori intercettati in fase avanzata. In Italia, all’inizio degli anni Ottanta, il ritardo diagnostico nei casi di cancro orale raggiungeva circa 180 giorni, mentre negli Stati Uniti era stimato in circa 60-70 giorni. Un dato preoccupante, presente nella letteratura internazionale, riguarda la percentuale di tumori diagnosticati in fase avanzata, che negli ultimi 40 anni non si è ridotta malgrado i numerosi programmi di prevenzione e di educazione rivolti alla popolazione e ai sanitari.

A questo punto è inevitabile porsi un’altra domanda: ma perché le diagnosi arrivano in ritardo? I motivi sono principalmente tre. Il primo riguarda il ritardo con cui il paziente si rivolge a un sanitario, e questo è il fattore che in percentuale incide di più. Poi c’è il ritardo dello specialista nel porre una diagnosi corretta. Infine, c’è il ritardo con cui vengono erogate le cure necessarie.

Per quanto riguarda questi ultimi due punti, va detto che nel corso degli anni si è lavorato su più fronti per ridurli. Per esempio, l’insegnamento sulle patologie del cavo orale è stato inserito nei piani di studio delle scuole di specialità in odontostomatologia e nei corsi di laurea in odontoiatria, medicina e igiene dentale. Ogni anno vengono erogati corsi di formazione, universitari e non, rivolti agli odontoiatri e ai medici.

La conoscenza della patologia è proprio l’obiettivo di questo episodio, che si conclude distinguendo tra prevenzione primaria e prevenzione secondaria. La prima si esprime intraprendendo azioni di lotta ai fattori di rischio e promuovendo stili di vita corretti. La seconda, invece, si concretizza con diagnosi precoci, cioè intercettando il tumore in fase iniziale, quando l’intervento chirurgico è risolutivo e non comporta menomazioni di tipo funzionale o estetico.

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